A Parigi il primo bistrot anti coronavirus.

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Un'immagine del nuovo ristorante anti-Covid di Alain Ducasse, Parigi, 11 giugno 2020. ANSA/ UFFICIO STAMPA +++ ANSA PROVIDES ACCESS TO THIS HANDOUT PHOTO TO BE USED SOLELY TO ILLUSTRATE NEWS REPORTING OR COMMENTARY ON THE FACTS OR EVENTS DEPICTED IN THIS IMAGE; NO ARCHIVING; NO LICENSING +++

Un bistrot completamente reinventato, un luogo unico e sperimentale, protetto dalla circolazione di virus passati, presenti e futuri, dove “tutto accade come se ogni tavolo fosse piazzato sotto una capanna virtuale e dinamica”: parte da Chez Allard, istituzione gastronomica della rive gauche parigina di proprietà di Alain Ducasse, la rivoluzione dei locali blindati contro il rischio epidemie. Fortemente voluta dal padrone di casa, la nuova configurazione del ristorante ha ottenuto il via libera dall’Institut National de Recherche et de Sécurité e dall’Uteam, filiale dell’Università di Tecnologia di Compiègne. Un prototipo di locale a prova di Covid e non solo che ora può potenzialmente esportarsi ai quattro angoli del pianeta, dai ristoranti di lusso, fino alle pizzerie o ai fast food. Il fiore all’occhiello del bistrot anti-virus, chef e personale impeccabile a parte, sta nel nuovo sistema di areazione che consente di avere aria pura garantita, da “sala operatoria”, come spiegano sul posto, vale a dire con cinque ricambi d’ossigeno all’ora contro i normali 1,5. Il sistema permette inoltre di limitare al massimo gli spostamenti d’aria in sala, conservando una ventilazione costante per evitare che particelle potenzialmente contaminate viaggino tra un tavolo e l’altro. E tutto ciò nonostante gli spazi angusti da tipico bistrot parigino. “Tutto accade come se ogni tavolo fosse piazzato sotto una campana virtuale dinamica”, spiega l’architetto Arnaud Delloye, chiamato da Ducasse per contribuire allo sviluppo di questo sistema sperimentale unico al mondo. All’aria ‘addomesticata’ come un leone in gabbia, si aggiunge la separazione fisica tra i tavoli e i coperti nati dall’immaginario del designer Patrick Jouin, già inventore dei primi mitici Velib’ parigini. Un sistema di paraventi e centrotavola che permettono di conservare il massimo di posti a sedere (oltre l’80%) e al tempo stesso ostacolano la circolazione di particelle a rischio, complemento indispensabile alla sapiente gestione dei flussi d’aria. Oltre alla scommessa tecnica, l’iniziativa ha presentato anche un’altra sfida: conservare lo charme di questo locale storico della rive gauche, a due passi da Saint-Germain-des-Près, fondato nel 1932. La scommessa di Ducasse cominciata a metà aprile. Come l’Italia, anche la sua sorella latina d’Europa, la Francia è alle prese con il primo lockdown della sua storia secolare. Parigi è spettrale, la cittadinanza confinata in casa, bar, ristoranti e brasserie sprangate. Tra i piu’ grandi nomi della gastronomia transalpina, Ducasse non si capacita. Soprattutto non si rassegna all’idea che l’art de vivre alla francese, cosi’ simile allo stile di vita italiano, possa restare ancora a lungo in agonia. Insieme a Jouin, riflette dunque una soluzione perenne, che permetta in ogni tempo e luogo di avere uno spazio protetto dai rischi sanitari, conservando al tempo stesso i tavoli a disposizione e la convivialità. “Se mi sono posto la questione della sicurezza sanitaria è chiaramente per i miei clienti e per il mio personale. Ma se siamo andati cosi’ veloci e cosi’ lontano, è anche perché voglio sempre arrivare in fondo alle mie idee”, racconta lo chef ultrastellato, che per sviluppare il progetto – presentato nel frattempo al presidente Emmanuel Macron – si è anche rivolto a due medici dell’ospedale La Pitié-Salpêtrière di Parigi: il professor Thomas Similowski, capo del servizio di pneumologia, medicina intensiva e rianimazione e il Professor Jérôme Robert, capo del servizio di batteriologia e igiene ospedaliera, che alla fine hanno dato luce verde. E chissà se il prototipo non ispirerà altri locali in Francia, in Europa o nel resto del mondo. (ANSA).