La pandemia prima, la crisi ucraina in questi giorni. Eppure, il pane, alimento simbolo della Dieta mediterranea e della cultura alimentare italiana, non perde mai la sua centralità nella vita quotidiana degli italiani. Anzi, il suo DNA di alimento-rifugio si conferma anche nei momenti di crisi. Il dato emerge con forza dalla preview della ricerca Cerved, promossa da AIBI, l’Associazione Italiana Bakery Ingredients aderente ad ASSITOL, e presentata a Sigep, in occasione del convegno “Il pane dopo la tempesta”.
“La verità è che la tempesta è ancora in atto – ha commentato Giovanni Bizzarri, presidente di AIBI – e non si placherà a breve. Anche se è difficile fare previsioni sul comparto, la ricerca indica chiaramente come il pane mantiene intatta la sua sacralità. I consumi sono cambiati, i prodotti sono tanti e diversi, ma il pane resta un compagno fedele nella nostra alimentazione”.
La ricerca si è concentrata sulle tendenze emerse durante la pandemia e poi confermate durante la ripresa, individuando anche alcune importanti novità di consumo. Innanzitutto, cambia la geografia dei consumi. A causa del perdurare dello smart working e della ripresa limitata del turismo, le grandi città, in particolare i centri storica, sono in sofferenza. Al contrario, le periferie ed i piccoli centri hanno registrato, già nel pieno della pandemia, una buona ripresa. “L’Italia dei consumi appare divisa in due – nota Maria Maltese, curatrice della ricerca – da un lato chi non ha preoccupazioni economiche e può chiedere prodotti e servizi di alta qualità, dall’altre le famiglie colpite dalle difficoltà economiche”.
L’inflazione pesa e influenza le scelte d’acquisto anche in panetteria. A questo occorre aggiungere lo stop della ristorazione nel 2020 e le problematiche del mondo Horeca causate dai contagi e della restrizioni legate al Covid. Il pane, però, resiste. Il calo nei consumi rallenta e, a tutt’oggi, quello artigianale resta il più venduto (84,1)%), pari a oltre 1 milione e 400mila tonnellate di prodotto acquistate nel 2021.
Restano quasi identiche alcune tendenze già in atto: l’attenzione per l’origine dei prodotti e per il territorio, il ritorno alla semplicità e al prodotto di filiera, l’italianità. Per Maltese “si conferma l’attenzione alla salute. ‘Mangio quello che mi fa stare bene’, è il motto dei consumatori che in cucina oscillano tra semplicità e salutismo. L’italiano, secondo la preview Cerved, è sempre più attento ai profili nutrizionali, anche il pane deve aiutare la ricerca di benessere, non soltanto fisico, ma psicologico”.
Ma dove si compra il pane? Rispetto al 2019 La Grande Distribuzione esce vincente dalla pandemia e veicola il 43,5% del pane venduto, contro il 43,1% delle panetterie ed il 13,2% della ristorazione. Oltre all’acquisto programmato, lo scenario generale non aiuta l’acquisto giornaliero di pane fresco per una serie di variabili che impattano sul consumo, specie quello di passaggio: lo smart working, il numero ancora modesto di turisti, gli ingressi contingentati nei negozi. In generale, lo scorso anno le panetterie hanno recuperato volumi e chi era già in crescita ha consolidato le sue posizioni. Se durante il lockdown il delivery aveva preso piede aumentando del 50%, oggi si è tornati all’acquisto in presenza. Unica eccezione: i dolci da ricorrenza. La Grande Distribuzione appare in ripresa, ma su livelli non ancora sovrapponibili al pre-Covid.
Rispetto al 2019, il pane cresce gradualmente, pur senza recuperare del tutto. Qualità, tradizione e servizio sono le tre componenti del consumo di pane. Lunghe lievitazioni e selezione attenta delle materia prima (farine poco raffinate, molte fibre, poco glutine) sono spesso richieste dal consumatore. Il pane buono dura più di un giorno e, comunque, non si butta ma lo si riutilizza in altre ricette. Piace molto il pane condito, con noci, olive, zucca, semi vari. Inoltre il pane che gli italiani chiedono agli artigiani deve essere digeribile, equilibrato, si deve sentire il sapore del grano. Insomma, un pane gustoso, meglio se di grande pezzatura. Ad aver recuperato i volumi del 2019 sono invece pizza e dolci. E’ boom per i grandi lievitati e per i dolci tradizionali, mentre la pizza alla pala. Proprio il lavoro agile ha favorito la richiesta di soluzioni per pasti veloci.
Il rapporto degli italiani con il pane è cambiato. Tuttavia, anche gli artigiani non sono proprio identici al pre-pandemia. Il fornaio di oggi ha preso atto dei cambiamenti e ricostruisce la sua attività sulla base di questa nuova consapevolezza. Ricerca impasti più ricercati, quasi personalizzati e sa che il pane buono attira il consumatore. Ha compreso l’importanza della comunicazione e, usa i social media e crede nei nuovi format, ovvero punti vendita moderni, in grado di intercettare i più giovani. Punta sul laboratorio centralizzato per servire due o più punti vendita, ed ha compreso che l’e-commerce, con il pane, non funziona.
Ma soprattutto, rileva la ricerca Cerved,il panettiere oggi sa di essere un punto di riferimento, per il territorio. La prossimità vissuta durante il lockdown lo ha valorizzato, sensibilizzando i consumatori sull’importanza di questa figura professionale. Si torna a contare sul fornaio di fiducia, insomma. Il pane fresco è ancora molto amato: anche se non si compra il prodotto tutti i giorni, si va dall’artigiano di fiducia per le feste, le cene importanti e, in generale, per comprare il pane “fatto bene”. Inoltre, è questo alimento che fa entrare il cliente, anche se poi è l’attività di somministrazione a produrre guadagni importanti. Il bakery bistrot paga, ma è il pane che attira.
Nel ritorno alla normalità, il panettiere rappresenta un baluardo sul territorio. Tuttavia, l’aumento della materie prime ed i rincari energetici pesano moltissimo sulla categoria, che manifesta preoccupazione e vede la crisi dietro l’angolo. “E’ complesso – afferma il presidente di AIBI – in un momento di tensioni come quello attuale, mantenere in equilibrio costi, produzione e qualità. Tuttavia, siamo da sempre consapevoli che non produciamo un prodotto qualsiasi. Oggi, più che mai, il pane è un alimento rifugio e la stessa ricerca Cerved dimostra che la sua centralità non viene meno. L’auspicio è che le difficoltà del momento si affrontino con una strategia di filiera, che ci veda tutti coinvolti”.