Gli chef italiani saranno nei prossimi anni i primi ‘ambasciatori dell’agricoltura’ per salvare la biodiversità e la cultura nazionale della lavorazione della terra. Ne è convinto lo chef Massimo Bottura che però avverte: non chiamateli artisti. “L’artista – spiega – è libero di fare quello che vuole. Io sono un cuoco, un artigiano, devo cucinare cibo buono”.
Bottura – chef e proprietario della pluripremiata Osteria Francescana, tre stelle Michelin e primo ristorante nazionale a essere annoverato, nel 2016, tra i 50 migliori al mondo – ha parlato con l’ANSA in occasione della presentazione a Bruxelles di ‘Food for soul’ (cibo per l’anima), il suo progetto per combattere lo spreco alimentare attraverso l’inclusione sociale.
Ad ascoltarlo durante l’evento i 1.200 partecipanti del Forum per il futuro dell’agricoltura, l’evento annuale più importante della capitale europea per le politiche agricole e alimentari.
Con Food for soul Bottura ha aperto ‘refettori’ a Milano, Rio de Janeiro, Londra e Parigi, ovvero strutture abbandonate che vengono riqualificate per ospitare mense per poveri. Recuperano le eccedenze alimentari per dare pasti gratuiti ‘stellati’ a chi vive in strada, con tre principi guida: “qualità delle idee, potere della bellezza e valore dell’ospitalità”. “I nostri refettori hanno sempre le porte aperte – racconta Bottura – in un momento in cui tutti costruiscono i muri, noi i muri li abbattiamo e apriamo le porte. Io tengo la porta dell’inaspettato sempre aperta. E ci entro tutte le volte. Uno dei prossimi refettori sarà a Napoli”, annuncia