Il presidente degli Agronomi e dei Forestali di Avellino, Antonio Capone, e i consiglieri esperti del settore castanicolo, hanno esaminato i principali aspetti tecnici ed economici legati alla produzione di quella che è un’eccellenza per l’Irpinia, la castagna.
Molte zone dell’Irpinia sono fortemente caratterizzate dalla coltivazione delle castagne, coltura di notevole rilevanza sia economica che sociale legata in buona parte al sostentamento agricolo della provincia di Avellino, da cui si genera, l’indotto economico strettamente legato alle produzioni, la trasformazione e lavorazione, il turismo enogastronomico e fieristico.
“La Campania produce circa il 50% delle castagne Italiane e il territorio irpino vanta prodotti ad Indicazione Geografica Protetta (IGP), rappresentando un’importante slancio sia per il territorio che per i produttori“, afferma l’agronomo Mariano Fusco. “Questo aspetto – aggiunge – non viene ancora valorizzato a pieno, eppure le potenzialità sarebbero enormi per lo sviluppo del territorio dal punto di vista turistico ed economico. Inoltre, la gestione dei castagneti rappresentano anche un importante presidio per la tutela del territorio sia dal punto di vista paesaggistico che idrogeologico. Purtroppo – evidenzia Fusco – l’andamento climatico di quest’anno non ha favorito le produzioni di castagne in Irpina, continui cambiamenti climatici, gelate tardive, periodi di prolungata siccità, hanno condizionato negativamente la produzione 2021. Le forti escursioni termiche tra il giorno e la notte e la siccità hanno bloccato lo sviluppo dei frutti e hanno favorito il ciclo biologico di alcuni insetti, come cidia e balanino che hanno provocato ingenti danni alle coltivazioni. Senza dimenticare poi, anche il problema del cinipide, che sebbene sia ridotto rispetto ad i primi anni di infestazione, ha portato una serie di problematiche intrinseche”.
Funziona la lotta avviata contro il cinipide galligeno. “Nei castagneti – spiega il presidente Capone – le cose sono andate decisamente meglio rispetto agli anni precedenti. Il temibile Cinipide galligeno del castagno, (Dryocosmus kuriphilus), l’imenottero cinese che provoca la formazione di galle, a carico di gemme, foglie e amenti, determinando un consistente calo della produzione, una riduzione dello sviluppo vegetativo e un forte deperimento delle piante colpite. Sebbene – sottolinea Capone – il Cinipide costituisca ancora un problema da contrastare, oggi pare abbia perso forza d’attacco ed il contenimento con il Torymus sinensi (imenottero antagonista, parassita del patogeno, che si nutre delle larve del Cinipide, abbassando così la popolazione dell’insetto dannoso) sembra aver imboccato la giusta direzione. Si è infatti registrata una flessione, in termini di piante colpite“.
“Quest’anno – riprende l’agronomo Mariano Fusco – molti produttori si sono trovati ad affrontare una stagione con produzioni di castagne con calibri molto piccoli, in alcuni casi invendibili o con prezzi fortemente ridotti. Allo stesso tempo, sono stati costretti a raccogliere e ad effettuare tutte le operazioni di campo necessarie, in molti casi sostenendo costi elevatissimi, per evitare eventuali infestazioni nella stagione successiva. In alcune zone del nostro territorio, si sono anche registrate differenze tra i vari produttori, si sono alternate produzioni di media quantità e qualità con produzioni scarse. Le rese e le pezzature sono state altalenanti e con esse anche i prezzi di vendita. Queste differenze sono state influenzate anche dalle cure che sono state date ai castagneti. È necessario – conclude Fusco – avviare processi di confronto con i produttori e i tecnici per sviscerare le problematiche e trattare i castagneti come si fa per altri impianti fruttiferi.”.
“Gli impianti – spiega il presidente Capone – hanno subito per anni periodi di forte stress dovuto al cinipide galligeno ed ora hanno bisogno di essere sostenuti durante le fasi cruciali della produzione. Tutti questi elementi hanno portato a produzioni di media qualità e quantità, che hanno anche determinato un aumento dei costi di produzione. Tuttavia – rileva Capone – a fronte di tanti sforzi nel campo tecnico, non è ancora corrisposto il giusto riconoscimento economico agli agricoltori. I prezzi di vendita delle castagne al momento risultano bassi e in molti casi inferiori ai costi di produzione e questo rischia di paralizzare l’intero sistema di questa importante filiera della frutta in guscio Irpina“.