A Porta Venezia, là dove sorgeva Forno Collettivo, chiuso prematuramente in meno di un anno nonostante una buona formula, ha aperto da poche settimane un piccolo ristorante di grande qualità: si chiama Immorale, come molte cose lussuriose e goduriose. Un locale piccolo, vivace, bello e vitale, diviso in due sale, con una parete che pullula di vini giovani e artigiani, un bancone ricco di proposte e un menu originale e divertente.
Un ristorantino, aperto da Luca Leone Zampa (esperienze da Babek e Sulle Nuvole), che ha un’anima e non è facile di questi tempi. Si sente l’energia, si avverte lo studio nelle materie prime e la qualità nelle preparazioni, anche se non mancano i difetti. Cominciamo dai pregi.
Il menu. Una carta sola, fitta, ricca di proposte mai banali e con una bella alternanza di piatti non impegnativi e low cost e ricette più elaborate. Per chi ama la semplicità un po’ retrò, ecco la salsiccia di Bra (7 euro), il taleggio del Caseificio Carna, la fontina d’alpeggio (6 euro).
Uno dei piatti più di moda di questi tempi, apoteosi della semplicità, summa di quel che si può definire comfort food, è la scarpetta del ragù dell’aia (6 euro). Una salsa saporita, densa, intensa, che si divora inzuppando il pane morbido e di gran qualità.
Altro piatto umile da provare, lo spaghetto quadro “alla poraccia” (6 euro!), cipolle brasate e rosmarino, per dimenticare i troppi artifici gastronomici contemporanei. Da provare anche il tagliolino al brodo di canocchie, burro e pimenton.
Semplicemente straordinarie le costine di cinghiale selvatico (16 euro): la carne, che più tenera non si può, si sfila dagli ossicini e si offre all’olfatto speziata e al gusto di perfetta consistenza.
Carta dei dolci che, bonus, non contiene il trito e ritrito tiramisù, ma azzarda la pavlova (7), con la sua detestabile meringa (sono gusti eh), compensata da un’ottima crema di mascapone ai fichi.
I prezzi, come si vede, sono davvero convenienti. E l’atmosfera vivace.