Pane di Trentinara

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IL LUOGO

Trentinara è un antico borgo arroccato sulla sommità della rupe Cantenna, svetta a 606 metri di altitudine. Una posizione privilegiata dalla quale si può ammirare la Costiera Amalfitana, Capri e Capo Palinuro.

L’ origine del nome “Trentinara” deriva probabilmente dalla paga di “3 denari” con la quale venivano retribuiti i soldati romani di guardia ad un importante acquedotto ancora oggi situato sul monte Vesole che raccoglieva e raccoglie le acque delle sorgenti Fontana Secca, Vetuso, Forma e Ospitale.

Il centro storico di Trentinara conserva l’aspetto antico fatto di strade lastricate di vetusti vasoli ai lati dei quali si ergono silenziose case in pietra.

 

SEMINA DEL GRANO

La filiera del pane inizia nel mese di Novembre con la semina del grano.

Le contrade in cui si semina sono Voso, Vetuso, Lo Vosco, Perato, Serra di Melito, Vigne, Forma, Nome di Dio, Zeppotole.

Dopo che i terreni sono stati arati, si passa alla semina del grano duro o tenero: le principali qualità utilizzate sono Cappello, Saravodda, Carosella e la segale detta Germana. Quest’ultima, adatta ai climi freddi e rigidi, produce un pane scuro e duraturo. Quando i ciuffi di grano spuntano dal terreno, inizia la fase dello svezzamento. Il primo intervento consiste nel rimuovere il terreno vicino le piantine (se zappolea); dopo qualche settimana si rimuovono le erbacce (se monna), fino ad arrivare, nel mese di luglio, alla mietitura (se mete).

 

MIETITURA E RACCOLTO

Un tempo la mietitura era uno dei momenti più coinvolgenti, poiché tutti partecipavano al lavoro usando la falce, i proprietari del terreno e le persone dei fondi vicini. Con la spigolatura si raccoglievano tutte le spighe rimaste per terra durante la fase della mietitura. Di qui l’espressione cilentana “se speculea”.

Mettendo insieme tante spighe quante ne può contenere la mano si forma lo “iermete”; ogni 10 iermiti formano un covone (gregna). Tutto il grano raccolto veniva trasportato nell’aia dagli asini, sulla cui groppa venivano apposti “li cancieddi”, una sorta di contenitore per 10 gregne.

La trebbiatura (pisatura) rappresentava l’atto finale: consisteva nel mettere in modo sparso tutti “li iermiti” sull’aia al fine di separare il grano dalla paglia e dalla pula. Questa operazione avveniva con ripetuti passaggi di due buoi uniti tra loro con il giogo, al quale veniva legato lo triglio (una grossa pietra), mentre gli uomini battevano ripetutamente “li iermiti” con le tutuelle (due mazze legate tra loro). Anche il vento contribuiva ad allontanare la pula dal grano (ventula), sollevato mediante l’utilizzo di pale e forconi.

Un’ulteriore fase di pulizia avveniva con la cernita, adoperando un grosso recipiente dalla forma circolare del diametro di quasi un metro e con un bordo di legno. Una grande festa coronava questo evento per ringraziare il Signore del raccolto avuto.

 

FARINA E PANIFICAZIONE

Il grano raccolto veniva messo nei sacchi e portato nel granaio di casa, dove si custodiva per essere macinato un po’ per volta presso il mulino, diventando farina.

Con la farina si preparava il pane utilizzando il metodo tradizionale tramandato di generazione in generazione: il “criscito” (lievito naturale), ovvero acqua, farina e parte dell’impasto delle precedenti infornate, lasciato a fermentare per oltre dieci ore, veniva passato di famiglia in famiglia.

Ancora oggi, si riempie la madia, una grande cassa di legno, dove si impasta la farina, l’acqua, il “criscito” e un po’ di sale, si impasta (ammassa) con i pugni chiusi per circa un’ora senza fermarsi (“se pecunea”).

Si lascia riposare l’impasto, accuratamente ricoperto con dei panni di lana, per circa 2 ore.

A questo punto si prepara il forno a legna e quando la brace è sufficiente, si pulisce il forno dalle braci e dai residui di cenere, utilizzando “lo munnolo” (una sorta di scopa con manico allungato realizzato con rami di iurmana o rosedde). Dopo questo rituale, “se ‘nforna”: l’impasto diviso in tanti pani (se scana), incisi con un segno a forma di croce, viene infornato con una lunga pala di legno, appiattita nella parte finale. Dopo circa due ore si sforna: il pane è pronto e inebria tutto il vicinato di un profumo unico ed indimenticabile, pronto per essere consumato. La caratteristica di questo pane tradizionale, oltre al gusto squisito, sta nella capacità di mantenere la fragranza e la freschezza per una settimana circa.